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L’alveare che dice sì

L’alveare che dice sì arriva a Roma. Il suo slogan Mangiar bene, Mangiar giusto. A Roma non c’è ancora, ma qualcosa sa fremendo attorno al primo alveare. “La Ruche qui dit Oui!” partito dalla Francia, si è esteso in breve tempo in Germania, Belgio, Spagna, Regno Unito e ora tocca all’Italia. I primi alveari sono stati aperti in Piemonte, a Torino nel settembre 2014, grazie allo slancio di una delle api, Eugenio Sapora, che dopo aver conosciuto questa realtà a Parigi ha pensato bene di portarla nella sua terra natale. Da Torino le api stanno impollinando altre città come Milano, Verona, Trieste, Trento, Napoli fino giù in Sicilia. L’alveare che ha detto sì avvierà presto le sue attività anche a Roma. Un primo alveare sta crescendo in zona Trastevere.

Torta di prugne rosse

Si è tutti bambini dentro, in qualche modo, più o meno occulto. Facciamo i capricci, abbiamo pretese, sbuffiamo riaprendo la porta dell’ufficio al ritorno delle ferie. Rischiamo di essere delle vere e proprie palle al piede per noi stessi e gli altri. Prendi una foodblogger. Una persona normale con un granello di doppia vita non appena si mette in cucina. Da lavoratrice dipendente combatte col destino con un’energia inimmaginabile di fronte ai fornelli. Cucina, fotografa, scrive e corre a dirlo a tutti, direttamente nel web. Timidezza, intimità, privacy scompaiono. La condivisione diventa la sua ossessione. A volte però, come dal ritorno dalle ferie, qualcosa si blocca. Quella foodblogger cucina, fotografa e …vorrebbe scrivere, ma non ci riesce. Non ce la fa proprio. Si dimena davanti lo schermo del computer. Non è capace di introdurre la sua prima ricetta di ritorno dalla Normandia. E questo diventa il suo dilemma 🙂 Vuoi per la pigrizia delle vacanze, vuoi per le avvolgenti emozioni provate tra Omonville e Jumieges, vuoi perché si è buttata a capofitto nel sogno di …

Le prime fave fresche

Sarò ripetitiva, forse pure esagero. Ma la luce d’aprile, un sana passeggiata senza fretta e senza ma in giro per le strade romane, due passi pure a Campo dei Fiori. Una spesa rapida, una di quelle senza fronzoli e senza lista di ingredienti al seguito. Le ho viste e le ho raccolte. Erano delle fave in vendita al mercato. Le prime che ho annusato quest’anno. Due e più manciate dentro il sacchetto di carta ed ero felice. Tutto questo l’ho trovo romantico, ripetutivamente irresistibile. Un’energia sorniona viene risvegliata. Non c’è null’altro che fare. Soccombere ad essere è il mio destino. Già mi vedevo nella mia striminzita cucina. Quella cucina che ha due gioielli, ossia due finestre. La luce si poggia su di esse e scatta l’incantesimo. Avevo voglia di quella magia. Cipollotto, fave e sedano. Quelli li portavo io nella sporta. Farro, riso rosso e piselli secchi. Quelli mi aspettavano fiduciosi in cucina. Custoditi dentro i barattoli di vetro attendevano di essere chiamati a raccolta. Un sabato come tanti, un pranzo come pochi. Sarò ripetitiva, …

Portulaca sulla mia tavola

Evvai ! Stavolta ho stupito la mamma. La mia di mamma vive quasi arrocata in provincia di Udine, ma finalmente si è decisa a scendere a Roma. Così l’ho portata in giro per i miei luoghi cult, che comprendono il mercato del sabato di Via S.Teodoro (zona Circo Massimo). Io in ogni mercato ho la mia bancarella preferita…di donne. Sì, donne. Ovviamente accetto anche i maschi su questa Terra 🙂 e a casa, ma negli ambienti ove conta l’aspetto anche sociale, do una spontanea ed immediata preferenza alle donne. E nella mia bancarellina piccina picciò, che già mi avvicinò al ravanello bianco e nero, stavolta ho trovato la portulaca. La scena è stata più o meno del tipo: “E questo cos’è?” “Portulaca” “Scusa mi puoi ripetere il nome?” E giù a scriverlo su un pezzo di carta. “Portulaca e si mettono le foglie nell’insalata”

Quinoa al ravanello nero e tomatillo

Il mercato è un luogo che mi attira sempre. E’ l’unico momento che in città mi fa risentire, anche solo per qualche istante, ancora in campagna. Ancora in contatto con la terra e le stagioni. E non c’è mercato in grado di stupirmi di più di quello di via S.Teodoro, zona Circo Massimo, qui a Roma (a luglio aprirà solo il sabato fino alle 14). Ne sono una vittima. Spesso mi coglie impreparata, ma cerco di recuperare appena arrivo a casa. Così sabato scorso, arrivo, faccio il giro di tutte le bancherelle, ma poi rieccomi lì. In quella bancarella che stavolta offre ravanello nero e coriandolo fresco, ma non abbandono a sè neanche il loro aglio, che la volta scorsa comprai fresco. Arrivata a casa ammiro il tutto e comincio ad impiattare la: