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L’alveare che dice sì

L’alveare che dice sì arriva a Roma. Il suo slogan Mangiar bene, Mangiar giusto.

A Roma non c’è ancora, ma qualcosa sa fremendo attorno al primo alveare. “La Ruche qui dit Oui!” partito dalla Francia, si è esteso in breve tempo in Germania, Belgio, Spagna, Regno Unito e ora tocca all’Italia. I primi alveari sono stati aperti in Piemonte, a Torino nel settembre 2014, grazie allo slancio di una delle api, Eugenio Sapora, che dopo aver conosciuto questa realtà a Parigi ha pensato bene di portarla nella sua terra natale. Da Torino le api stanno impollinando altre città come Milano, Verona, Trieste, Trento, Napoli fino giù in Sicilia.
L’alveare che ha detto sì avvierà presto le sue attività anche a Roma. Un primo alveare sta crescendo in zona Trastevere.

L’alveare che dice sì: la mission

Le api non pensano in piccolo!
Chiacchierando con la coordinatrice di rete, Paola Tamma, ho subito colto la mission de L’alveare che dice sì. L’obiettivo è fornire un’alternativa alla grande distribuzione, un’alternativa che sappia portare le persone ad essere indipendenti rispetto al supermercato e che le stimoli ad acquistare cibo sano e locale.

Cosa succede nel L’alveare che dice sì

L’alveare che dice sì è innanzitutto uno piattaforma, che per noi è essenzialmente un sito internet dove iscriverci, a costo e doveri zero.
Dentro l’alveare online gli utenti, le api, potranno nell’ordine:

  • trovare l’alveare più vicino a sè, presso il quale rifornirsi;
  • scoprire quali prodotti sono disponibili quella settimana;
  • ordinare i prodotti;
  • una volta che l’alveare ha detto sì, recarsi a prelevarli presso l’alveare;
  • durante il ritiro della merce, già pagata online, partecipare ai vari eventi dell’alveare. Si sà, le api non stanno mai ferme.

L’alveare che dice sì non è un GAS (Gruppo di Acquisto Solidare) e non si vuole neppure confondere con altre esperienze attive nel Lazio come Squicity e Zolle.
Non lo vuole, perché l’alveare fa parte di una rete ed è una start up. Ogni alveare è, al tempo stesso, indipendente ed interdipendente. Il suo gestore si preoccupa di tenerlo in vita, più di un’ape regina. Alle sue spalle c’è, però, anche una giovane impresa sociale che gli/le fornisce una piattaforma su cui poter contare. Cruciale è il ruolo di questa piattaforma ora che L’alveare che dice sì tenta di contagiare con la sua mentalità anche la nostra penisola.

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L’alveare che dice sì  ed i suoi protagonisti

Tre sono sono i protagonisti de L’alveare che ha detto sì:

  • la piattaforma od impresa sociale (o start up) che sta dietro questa realtà e la sostiene. Non è qualcosa di inumano: offre un servizio di supporto reale (online & offline) a tutti gli attori dell’alveare, api comprese;
  • il gestore, il quale cerca i produttori locali, li contatta regolarmente per scoprire i prodotti a disposizione, segue le ordinazioni online e…dice sì, quando viene raggiunto un incasso minimo.
    L’impegno stimato per il gestore è di almeno 10 ore settimanali, ore che tendono conto dell’attenzione necessaria per rendere i momenti di ritiro della merce delle occasioni di aggregazione.
    Il gestore può essere una persona o un’associazione, un negozio etc. L’importante è avere lo spirito giusto, la disponibilità di tempo e meglio ancora se, anche, un locale dove far arrivare tutte le api;
  • i produttori locali che decidono di alimentare L’alveare che dice sì . Per loro rappresenta un canale di distribuzione, nuovo anche rispetto ai mercatini locali. A loro viene garantito che raggiungono l’alveare solo una volta raggiunto un minimo di ordini.
    I produttori sono selezionati tra quelli distanti dall’alveare al massimo di 250 chilometri, anche se la distanza media si aggira sui 30-40 km. Possono essere produttori biologici, certificati e non, ma che rispettanno tutti una certa filosofia di agricoltura. Il gestore cerca i produttori, ma nulla vieta ai produttori di mettersi in contatto col gestore;
  • le api. Sono consumatori già esperti della filiera corta, ma anche no. All’estero si è osservato come la maggioranza abbia familiarizzato con la filiera corta grazie ad un alveare e non prima.

I numeri de L’alveare che dice sì

Parliamo innanzitutto di soldi.
Al momento il giro d’affare a livello europeo di L’alveare che dice sì è di circa 9 milioni di euro. Questo giro d’affari è dato dagli incassi degli alveare.
Ogni settimana l’introito di un alveare è così distribuito:

  •  83.3% del fatturato esentasse ai produttori;
  •  8.35% del fatturato al gestore (o responsabile) dell’alveare;
  •  8.35% del fatturato all’impresa sociale L’alveare che dice sì. Al momento è ancora una start up avendo aperto i battenti nel 2011, ma presto ci sarà il cambio di veste.

Ad oggi queste regole valgono per più di 700 alveari.

Attese per Roma

Le attese per l’Italia? Ci sono e sono buone a quanto qualche ape mi ha detto.
L’invito è ovviamente è dare un’occhiata al sito L’alveare che dice sì e scoprire un proprio potenziale alveare. Se c’è volontà, perché no, tentare di vedere assieme alla rete di L’alveare che ha detto sì  se si può diventare gestore. O se proprio siamo scettici, rizzare le antenne ed andare all’inaugurazione del primo alveare romano.

Ci si vede all’alveare?


 

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