Birra

La birra è un affare da donne: luoghi comuni e realtà

Donne e motori, gioie e dolori. Donne e birre, storia e futuro?

Questo post è un adattamento ed aggiornamento dell’articolo “La birra è un affare da donne” apparso su QB Quanto Basta FVG nel numero di Aprile 2014. .

Il mercato della birra si ostina a produrre birre studiate per piacere alle donne. Sembra quasi voler dire che al gentil sesso la birra non può piacere, un po’ come il saper guidare. Peccato che anche questo luogo comune rischi di svelarsi una gran cantonata. Perché la birra era un affare gestito dalle donne.
Ma non voglio essere nostalgica. Era un affare da donne e sta tornando ad esserlo. Inclinazione o caparbietà: anche sulla birra le donne vogliono dire la loro.
E’ tempo di intraprendere un cammino lungo prima di svelarti realtà come Birroir.

Donne e birra ieri

Vi fu un tempo in cui il fare la birra (brewing in inglese), era una questione quasi esclusivamente femminile. Dall’Antico Egitto fino al Medioevo, tra i compiti delle donne rientravano oltre le faccende domestiche, l’impastare il pane ed il produrre la birra. In Inghilterra era addirittura riconosciuto alle donne il diritto di vendere la birra prodotta e di gestire le taverne, traendone liberamente profitto. Era il tempo delle ale-wives dietro il bancone e delle brewster tra i fermentatori di birra. Di conseguenza non dovrebbe stupire che nel XIII secolo nell’Oxfordshire vi erano 60 birrai e solo quattro di questi erano uomini.

Però il profitto presto genera avidità. Ben presto così tra una serie di editti, l’ appropriazione delle ricette delle birre anche da parte dei monasteri e la famigerata evoluzione del mercato, le donne furono allontanate dal mondo della birra e soprattutto dalla sua produzione. Eppure resiste, invece, nel Regno Unito il mito della vedova con un pub.

Di fatto, però, ci si dimenticò che al tempo dei sumeri era una dea, Ninkasi, a proteggere la produzione di birra. O che nell’Egitto un’altra Dea, Hathor, era riconosciuta come la creatrice della birra. Anche le abilità di Circe in fatto di produzione di birra si sono perse nei secoli. Tra i libri di storia Gabriella Cinelli ha trovato la ricetta di Kykeon, la birra di Circe. Con la determinazione di una donna d’oggi ha mescolato acqua, orzo, erbe, un pizzico di mistero e l’ha ricreata, per poi produrla assieme al Birrificio Turbacci.

Donne e birra oggi

E da qui parte un viaggio al di là dei banali luoghi comuni. Le donne nel mondo della birra ci sono ancora e sanno che questo può tornare ad essere un affar loro. In Belgio esistono Anne-Françoise Pypaert. Oltreoceano sono conosciute Kim Jordan, Lauren Salazar, Sebbie Buhler, Megan O’Leary Parisi e The Beeroness. La lista potrebbe essere ben più lunga e rischia di diventarlo sempre più. Anche in Italia ci difendiamo.

Anne-Françoise Pypaert dopo un’esperienza più che ventennale ce l’ha fatta. Laureatasi nel 1992 in ingegneria biochimica trovò lavoro presso Orval, una birra trappista belga certo non di secondo ordine. Anne-Francoise ha saputo seguire l’evoluzione della birra e del mercato negli anni fino a raggiungere, alla fine del 2013, il ruolo di capo birraio proprio presso Orval.
Mentre Kim Jordan è tra i fondatori ed è il direttore generale della New Belgium Brewing, una rinomata birra artigianale americana. Il suo background apparentemente aveva poco a che fare con la birra. Interessi, formazione e prime esperienze lavorative trasudavano attenzione per il sociale e l’ambiente. Ma da più di vent’anni la sua attività imprenditoriale ha riguardato solo lei: la birra.
Sempre presso la New Belgium Brewing come direttore di cantina (cellar manager) vi è un’altra donna di carattere e con fascino: Lauren Salazar.

Le donne non sono più dei calimero tra i fusti di birra. Oramai nascono anche le prime collaborazioni tra produttrici di birra. Megan O’Leary Parisi della Cambridge Brewing Co, Whitney Thompson di Victory e Laura Ulrich della Stone, nel 2011, hanno creato assieme la ricetta di un birra in stile belga dubbel. La chiamarono, forse non a caso, Progetto Venus.

birra e donna
Da tale progetto e con il supporto di Denise Ratfiled della Pink Boots Society del Regno Unito, l’8 marzo 2014 è stato dichiarato l’International Womens Collaboration Brew Day (ossia la Giornata internazionale della collaborazione mondiale nel mondo della birra). Così l’appena trascorsa Giornata della donne, tra le tante iniziative, ha visto la partecipazione a livello mondiale di oltre 70 brewers (mastree birraie) tutte intente a coordinarsi per produrre la, anzi le, Unite Pale Ale. Le vendite, iniziate ad aprile, di questa birra collaborativa saranno devolute alla Pink Boots Society e destinate a borse di studio e alla formazione professionale delle donne. Per l’Italia hanno partecipato: la birraia Francesca Lara della Birra Lara, fondata nel 2009 a Tertenia in Sicilia; Laviana Barni birraia per La Badia di Montale in provincia di Pistoia; ed Alessandra Confessore, junior brewer per Harviestoun Brewery in Scozia.

La presenza femminile si sta facendo talmente strada anche nel Regno Unito che dal 23-35 maggio 2014 a Norwich si è tenuto Fem.Ale, il festival delle birre Ale prodotte da donne.

Non di rado, poi, le donne si occupano anche della comunicazione nel mondo delle birre.
Sebbie Buhler, fin dal 1991 promuove la Rogue, birra prodotta a Newport nell’Oregon. Sebbie si è concentrata, in particolare, sull’abbinamento della birra al cibo fino a dedicargli un blog, Rogue Chocolate Stout. Non da meno è stata The Beeroness, nome in codice di Jacquelyn Dood. Chiunque bazzichi il web può visitare anche il suo blog dove vengono proposte ricette a base od in abbinamento alle birre. Nonché nel 2013 ha pubblicato anche un libro dal titolo The Craft Beer Cookbook.

Tra giornaliste della birra in Francia, e non solo, è conosciuta Elisabeth Pierre. La Fille de l’Orge, nome dato al suo blog, si definisce un’esperta indipendente di birra appassionata dalla birre e dalla gastronomia. Ha un’esperienza anche lei ventennale da vantare nel mondo della birra e del giornalismo. Segue, anima e racconta degustazioni di birra ed è redattrice di Bières.
Da tenere d’occhio è anche la degustatrice inglese Sophie Atherton col suo A female view on Beer. Ha partecipato anche ai podcast The Beertalkers della British Guild of Beer Writers. L’idea nacque durante l’European Beer Bloggers Conference.

Non può mancare neppure un rapido accenno alla settima arte. Anat Baron ha sviluppato nel film del 2009, Beer Wars, i problemi nell’accedere al mercato dei produttori di birra artigianali, spesso piccoli.

La presenza femminile sta crescendo nel mondo della birra. La Pink Boots Society (PBS), a cui accennavo sopra, sta cercando di raccoglierle e renderle ancora più forti. Per far parte della PBS bisogna “solo” dimostare che si è donne e che una parte del proprio reddito deriva dalla birra. What else?

Infine, in Italia c’è chi sta tentando di raccontare la birra tra social media e realtà locali. Il 23 marzo 2014 a Roma si è tenuta la prima #Socialbirra organizzata da una donna: Ivana De Innocentis. Ad inizio giugno c’è stato il bis. La Social Birra è un progetto iniziato per caso, da una passione e da un piacere. Ivana, fondatrice dell’agenzia Brand Invasion, cominciò con l’invitare i colleghi in visita a Roma a prendere una birra con lei. I luppoli sorseggiati crearono legami professionali e l’idea appunto di questo evento che Ivana sta cercando di organizzare anche in altre città d’Italia.

In apertura ti accennavo a Birroir. E’ un birrificio di sole donne, giovani. Si chiamano Elena, Elisa ed Alejandra e Linda. Hanno voluto cambiare la loro vita e dedicarsi alla produzione della birra di qualità a Capannori, in provincia di Lucca.

Fatema Mernissi in “La terrazza proibita” racconta di come sua madre, sempre vissuta in un harem, non si fidò del costoso profuma francese che il marito le regalò un giorno. Il profumo era una questione delle donne, era parte del loro fascino e solo loro, secondo la madre di Fatema, dovevano produrselo.
Alla birra forse si può applicare lo stesso ragionamento? La birra tornerà ad essere apertamente un affare da e per le donne?
O semplicemente ci stiamo liberando da alcuni luoghi comuni sulla birra?

 

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