Friuli, La Cjasaline, Pasta

Da La Cjasalìne alla tavola #9: pasta di farro e pitina

Sottotitolo: tu e le cosidette paste integrali in che rapporti siete?

Svolgimento:
La pioggia gabba villani solleticava Roma oramai da alcune ore.
Persistente e leggera, gabbava facendo sperare in schiarite. Si dice che i contadini, villani, nell’incertezza sul da farsi, intanto si recassero ai campi.
Tra un sanpietrino e l’altro, un ombrello aperto, qualche momento di compere in saldo e necessità, rieccoci a casa.
Intirizziti dall’allarme di neve disatteso, il pranzo vissuto assieme non poteva passare inosservato.
Volersi bene a tavola per noi due, insaziabili giovani, è un dovere nel fine settimana.
Così mentre la Cavia si distraeva davanti lo schermo luminoso del computer, la “cuoca” mescolava ingredienti.

Se presso La Cjasalìne puoi scegliere tra fusilli al farro od integrali, sfusi o confezionati, e  mezze penne al farro, io allora avevo delle penne rigate al farro e soprattutto della pitina di daino arrivata direttamente da Maniago (Pordenone). Di romano c’era il radicchio rosso tardivo mischiato all’Asiago. Tocco finale una manciata di anacardi sempre de La Cjasalìne.
Ero sicura che così quella naturale ritrosia verso la pasta etichettata come integrale l’avrei superata anche nella giovanissima Cavia. Niente problemi di dieta, niente sapori smorti, sono un buon piatto sano con un pizzico di tradizione. E così …

Usando il freddo come scusa, ho ceduto al fascino di eccedere. La pitina ha un sapore equilibrato di carne fatta rotolare nella farina di polenta. Come raccontavo anni fa, secondo i regolamenti dei Presidi Slow Food, una vera pitina è fatta di carne di ovino e di lardo di suino.
Si parte ovviamente disossando il povero animale destinato a diventare sublime pitina. Poi si passa per la pestadora, che un ceppo di legno incavato usato per tritare finemente la carne.
Questi ingredienti vengono lavorati a mano assieme aggiungendo anche del sale, pepe, del vino Refosco, varie piante aromatiche di montagna ed aglio di Resia (altro presidio Slow Food, altro perchè la pitina è anch’essa Presidio). La tradizione vuole anche che la pitina si faccia con carne di selvaggina, come il daino appunto, che all’arrivo del freddo deve essere pur conservata a dovere. L’amica Sara T. si presentò mesi fa con una pitina di muflone (meravigliosa!), stavolta è Serena ad avermi fatto pervenire della pitina di daino, non meno apprezzata.

Alla vista la pitina è  una polpetta (non cotta) leggermente schiacciata e passata nella farina di mais.
Al naso si percepisce l’affumicatura leggera fatta ponendo le pitine sotto la cappa del camino per circa una settimana e nel camino dove sono fatti bruciare legni di faggio, carpine e ginepro. Ricorrere all’affumicatura permetteva di ovviare all’assenza in montagna di budella per insaccare la carne.
Ultimo stadio è il “riposo”. Le pitine sono poste in un ambiente fresco e ventilato. Se dopo due settimane compaiono delle muffe bianche è buon segno. Queste vengono poi ovviamente tolte lavando la pitina con acqua ed aceto.

Non resta che addentare la pitina, che non è nè un insaccato, nè un salame. E’ però relativamente giovane. L’usanza di far pitina (o peta e petuccia, le varianti più grandi) dovrebbe risalire al 1800.

Il giorno che avrai una pitina tra le mani, ti impongo di assaggiarla prima cruda. Tagliane una fetta e scoprila o riscoprila.
Solo dopo potrai provarla scottarla in padella con l’aceto o usarla in cucina come vuoi. Però avvertimi se usi per fare il cao, ovvero se la cuoci nel latte di vacca appena munto.

Io stavolta l’ho utilizzata con i fusilli al farro de La Cjasalìne.
La mia idea è infatti farne:

Pasta al farro con pitina e radicchio rosso

Ingredienti per 2 persone

1 cucchiaio di olio extra vergine d’oliva
alcune rondelle di cipollotto
100 gr radicchio rosso tardivo tagliato a striscioline
4 fette di pitina di daino

200 gr pasta al farro (penne o fusilli al farro)
acqua leggermente salata

50 gr Asiago
10 anacardi tagliuzzati

Ho cominciato col versare in una padella l’olio extra vergine d’oliva
Ho acceso la fiamma e ho unito il cipollotto.
Ho fatto cuocere alcuni minuti mescolando di tanto in tanto.
Poi ho unito il radicchio rosso e ho mescolato.
Quando il radicchio a cominciato a sgonfiarsi ho unito la pitina tagliata a dadini.
Ho fatto cuocere solo 2-3 min  mescolando nel frattempo.

Ho tolto dal fornello e mi sono dedicata alla cottura della pasta.
Le mie penne si sono cotte al dente in acqua calda leggermente salata in 8-9 minuti.

Ho scolato la pasta.
Rimessa nella pentola l’ho saltata prima con i dadini di Asiago.
Dopo aver mescolato,  ho unito il radicchio e la pitina.
Amalgamato il tutto ho completato con gli anacardi a pezzi.

Servire ovviamente caldo per apprezzare l’Asiago fuso, l’affumicato delicato della pitina ed il quasi dolce degli anacardi. Ovviamente anche il radicchio rosso arrichisce il tutto.

Quando c’è la pioggia gabba villani, la “friulana” fa la pasta gabba villici 🙂

Tutto grazie a La Cjasalìne e al suo spirito di riscoperta dei cibi e dei ritmi umani della vita.

Continua a seguire Da La Cjasalìne alla tavola e se puoi vai a scoprire quali ingredienti puoi trovare da Laura e Francesco alla La Cjasalìne: