Pane e lievitati

Challa o pane del sabato

A volte capita che per rendere speciale una cena per amici, si provi ad occhi quasi chiusi una ricetta. E che di questa ricetta ci si innamori al primo boccone.
Morbido, con un accenno di dolce che alimenta l’appetito, croccante all’esterno ma non troppo. Con l’aspetto invitante, dorato e disseminato di semi di papavero, pare volersi far notare. E che forma! Una treccia.
Ecco come fare il pane tre ore prima della cena può aprire nuovi orizzonti. Specialmente se poi i vostri vicini, che sono anche i “suoceri”, ne rimangano stupefatti forse più di voi. Anche perché loro sono nella fase di litigio scettico con la macchina del pane arrivata a Natale. Mentre voi fate questo pane qua, diverso dal solito, bello e buono con solo il forno.
Non mi dilungo tanto, perché veramente questo pane parla da solo.

La ricetta viene da “I menu della festa” pubblicato da Giunti sotto la direzione di Stefano Bonilli. Il libro ora è a casa di mia madre, a circa 600 km di distanza, ma l’ho fotocopiato nei punti strategici. Sperando che il Papero Giallo non me ne voglia, avendo comunque comprato il libro alla sua presentazione. Presentazione durante la quale ho … beh, leggete qua.

Ora silenzio, ecco la ricetta:
CHALLA O PANE DEL SABATO

 

Dose per una pagnotta (metà della dose del libro)

500g di farina Manitoba
2 cucchiai colmi di zucchero
1 bustina di lievito di birra
1 uovo
175 ml di acqua tiepida
35-40 ml di olio extra vergine d’oliva
1 cucchiaino di sale

Per la decorazione: semi di papavero e un tuorlo

Mescolo assieme la farina, il lievito e lo zucchero. In mezzo alla fontana creo un avvallamento dove metto l’uovo sbattuto con l’olio e quasi tutta l’acqua. E via, è ora di mettere le mani nella pasta. Lavoro l’impasto con pazienza, aggiungendo se serve l’acqua rimanente. Se l’acqua vi risulta troppa, nessun problema. Dovrete lavorare solo più a lungo la pasta.
L’impasto va lavorato finché non risulta liscio ed elastico. Ci vogliono circa dieci minuti.
Sistemo, a questo punto, in una ciotola infarinata l’impasto a forma di palla e ci faccio una croce sopra col coltello. Copro con un panno umido e lascio lievitare finché l’impasto raddoppia volume. Circa un’ora-un’ora e mezzo. Se la vostra casa è gelida come la nostra, mettere a lievitare l’impasto nel forno spento, ma precedentemente scaldato per pochi minuti. Serve solo per ricreare un ambiente non scottante, ma tiepido. Roscioli diceva che per una buona lievitazione ci vogliono sui 24°.

Raddoppiato il volume, taglio l’impasto in tre parti il più possibili uguali. Bonilli consiglia l’uso di una bilancia per calibrare correttamente le tre parti. Le stendo a mo’ di rotoli, che devono risultare più grossi al centro. Per ottenere tale risultato fate rotolare l’impasto tenendo le mani alle estremità del rotolo. Cerco di ottenere 3 rotoli di 30cm di lunghezza. E poi li unisco ad una estremità ed incomincio ad intrecciarli, come una comune treccia. Fatta la treccia unisco le altre estremità. Giro le due estremità verso l’interno. Metto sulla teglia da forno ricoperta con carta la treccia e copro con una pellicola.
E’ tempo di una seconda lievitazione, di solo mezz’ora stavolta.

Riscaldo il forno a 190°.
Spennello la treccia con un tuorlo d’uovo e un po’ di acqua mescolati assieme (anche un uovo intero va bene, l’ho provato) e cospargo di semi di papavero. Ehi, ma che bella.
Inforno e cuocio per circa 50 minuti.

Che orgoglio seguire la cottura. “Brava e bella. Sei stupenda. Hai lievitato benissimo, tutti ti diranno che sei bella..poi di affetteranno e ti mangeranno. Ahimè finisce così la tua vita, ma sei bellissima”. Che volete, io parlo con i cibi 🙂

Questa ricetta l’ho usata anche domenica per la riunione settimanale di famiglia…della Cavia. E’ stato molto gradito il pane. Qualcuno ne ha mangiato tanto, nello sprint della crescita e dello studio. Altri, si sono proposti di portarsene a casa un pezzo. Ahimè, è finito prima del tempo però.

In sostanza, se avete 3-4 ore da dedicargli è un pane ottimo. Si mangia più che facilmente.
Si può fare anche una treccia con 6 rotoli, ma devo ancora imparare a farla. O meglio ci devo ancora provare. Perché come ho sentito dire ad una delle Nonino (quella della grappa per intenderci) la parola impossibile non esiste. Suo nonno glielo ha insegnato. E dai nonni c’è da imparare soprattutto in questi casi.

Su mamma, apri il libro a pagina 130 e mettiti al lavoro anche tu. Voi che ne dite?