Canada

Canadian Easter

Cara Cavia,

ti scrivo sempre dal Canada e sempre con un po’ di ritardo. Gli auguri di buona Pasqua sono già stati fatti e ho seguito, seppure a distanza, i festeggiamenti fatti a casa tua. Molto magnanimamente mi hai fatto vedere la pastiera napoletana e l’agnello di pasta di mandorle che ti ingurgitavi nel pomeriggio di Pasqua.

Subito dopo quella telefonata, me ne sono andata a messa. E sì, capita anche a me di andare a messa qualche volta.

Persino sono andata nella principale parrocchia italiana qui ad Ottawa. La città intorno era tutta ancora mezza sopita, sembrava una normale domenica mattina. Poi avvicinandomi alla chiesa di St.Anthony ho cominciato a sentire il clima della messa di paese. La gente che si dirigeva verso un’unica direzione, una concentrazione di auto parcheggiate, una certa attitudine generale a salutare e farsi salutare.

Arrivata in chiesa ho avuto un attimo di imbarazzo, non capivo dove e se c’erano ancora dei posti liberi. Ma non c’era da preoccuparsi, qui è tutto talmente organizzato che … sorpresa, ci sono gli addetti che ti segnalano i posti liberi. Quasi vicino all’altare un individuo mi ha segnalato con la mano due posti ed io sono corsa, compitamente, a prenderne uno.

Mentre gli ultimi arrivati si sedevano e venivano, non proprio allegramente, letti i morti della settimana, ricordando anche la tragedia dell’Abruzzo, mi sono vista in giro.

La chiesa moderna, almeno per noi europei, aveva l’altare abbellito da tanti gigli bianchi distribuiti in tanti vasi, diversamente abbelliti. I partecipanti alla “mensa del Signore” erano in netta maggioranza di una certa età ed avevano i tratti dei veri Italiani, quelli di una volta, con nel sangue e nell’animo ancora una parte di terra, di vita contadina. I pochi giovani che ho visto mi sono apparsi persino più genuini della gioventù attuale italiana, ma forse nell’animo hanno qualcosa di canadese-inglese-francese, quel qualcosa che sto ancora scoprendo.

Improvvisamente tutti si alzano in piedi, inizia la messa col prete, ed il suo seguito, che si avvicinano all’altare passando tra la folla. E la prima parola del prete, giunto all’altare, è stata: “Buongiorno”

“Buongiorno” hanno risposto tutti. Poi il prete ha proseguito col rito normale.

Devo dire che mi ha sorpreso questo Buongiorno. Così poco formale, così quasi casalingo.

Inoltre le musiche avevano un che de Il Padrino, forse per la presenza della tromba. O forse perché insieme a te, cara Cavia, quante volte ho visto e rivisto Il Padrino?

Non so perché ma questa messa mi ha fatto pensare alle persone che conosco e che non ci sono più. Ritrovarmi dentro la comunità italo-canadese mi ha fatto pensare da dove vengo. Nella mia mente ho rivisto il nonno Bepi, seduto in giardino, col la sua tuta blu e una camicia, l’erba rigogliosa e verde intorno, ho rivissuto la pace di una discussione semplice tra nonno e nipote, come quella dell’ultima volta che lui stava bene. Poi è spuntato il nonno di mia cugina, Primo, e le immagine che ho sempre associato a lui e sono nate dall’ammirazione di mia cugina per lui: la sua guerra in Africa ed in Russia, le lettere alla futura moglie, la vitalità schietta che aveva. E poi l’immagine ancora più dolorosa del padre di Laura. Non so perché, forse per l’amicizia con Laura, forse per il fatto che era un padre come il mio, forse per le vicende che hanno preceduto la sua morte,ma è ancora un evento, la sua morte, che mi commuove. L’immagine del carro funebre che viene chiuso e che parte mi fa ancora sentire piccola, piccola, come se fossi tutto e nulla nello stesso tempo.

Meno male però che la messa è un susseguirsi di eventi, formule, riti.

Dell’omelia del prete giocata sull’amore e sull’inseguirsi degli innamorati, intesi in senso lato, mi è rimasta in mente solo la frase: “Noi sappiamo perché i discepoli correvano verso la tomba di Cristo. Ma loro perché correvano?” nel senso che loro non sapevano che quella era la resurrezione, potevano solo credere che ci fosse la resurrezione. Per noi è quasi un finale già scritto quel passo del Vangelo, ma per loro era una novità. “Perché correvano? Perché corrono?”.

Ma su su, con i dubbi e i ricordi, questo è un blog di cucina.

Ovviamente oggi non ti allieto con una ricetta, anche perché per il pranzo ci ha pensato, a Pasqua, Lucia e la sua accogliente famiglia.

Però della messa di Pasqua volevo ancora scriverti dell’organizzazione, di nuovo canadese, con cui è organizzata la distribuzione della particola. Per evitare code disorganizzate, c’è stata una distribuzione razionale e a tappe. Prima la fila centrale con due preti, poi le file laterali col prete che passava banco per banco. Ovviamente tutto era stato chiaramente e dettagliatamente spiegato prima dal prete.

Tanto organizzazione mi stupisce, in positivo, ma in negativo mi fa pensare quasi ad una paura del disordine, dell’inaspettato. Troppi anni di Roma mi hanno cambiato così tanto?

Finita la messa ed andata in pace, sono piombata nel mondo di Lucia, strenua di fenditrice del Canada che l’ha accolta. Il marito è stato pure gentile anche al di là dell’ottima grappa che mi ha offerto a fine pranzo e che ho molto gradito. Immaginati solo un pranzo domenicale di sei persone che dialogano in italiano e inglese e trattano temi leggeri come l’imminente nascita del primo nipote (o nipotina), il cibo, il lavoro (cosa fai e cosa non fai), i viaggi in giro per il mondo ecc.
Insomma, lontana dall’Italia, lontana dalla Cavia, ma non sola.