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Il vino dei blogger N° 14 : etichette

Il vino…

Volevo giusto parlare di vino, dopo il sabato dedicato ai SuperWhites, che ecco trovo su Alice e Vino un Blog Event a tema: il Vino del blogger N°14 .Eccomi allora deviare sul tema dell’evento, ossia le etichette dei vini.

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A malincuore mi tocca precisare che non sono una grande esperta. Pur essendo friulana vengo da una famiglia di astemi. Il vero incontro col vino l’ho avuto proprio a Roma. Indovinate dove? Dalle suore.
I primi mesi romani li ho trascorsi in un convento di suore. Sebbene non sia una fervida credente capitai là grazie all’ospedale dove facevo lo stage. E nonostante tutto fu una bella esperienza. Circondata da suore, soprattutto giovani all’epoca, da Ignazia e..dalla grappa. Da quando mi offrirono ad un pranzo un po’ di grappa, la mia vita è cambiata. Ricordo persino una volta di aver preso un goccio di nascosto, con un po’ come i bambini con la marmellata. Però ho fatto loro i regalini di Santa Lucia, che qui a Roma non si festeggia. Dare e avere.
Poi approdai al Gambero Rosso tramite un’amica. Iniziai allora due anni fa le degustazioni (economiche si intende) e imparai anche a scovarne altrove, sempre puntando ad un trade off prezzo-qualità (di necessità, virtù. Che poi la necessità sia bere o risparmiare, fate voi). Ho dei bei ricordi delle degustazioni, di un paio di vini mi sono innamorata da neofita.
Ma il vino la cui etichetta l’ho ancora negli occhi fu un Asti, durante una degustazione credo abbinata a ostriche la scorsa primavera al Gambero Rosso. Ricordo ancora il mio sguardo verso l’etichetta nel momento di richiedere il bis.

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L’etichetta de La Selvatica Asti Docg mi colpì per la fanciullezza ed insieme allegria (e sì va bene ero al quarto o quinto assaggio). Mi ricorda spensierati momenti della fanciullezza, dove bastava correre in giardino col sole, dove bastava sorridere per essere felici. La ragazzina sbarazzina che sgambetta avviandosi verso casa forse non sorride come me quando degustavo l’Asti, ma ha una semplicità e purezza che mi colpì.
L’abito nero le da un’eleganza da Colazione da Tiffany, il collo lungo e l’assenza di braccia le conferiscono una superiorità morale rispetto a chi sorseggia il calice di Asti. Ma le gambette fini e saltellanti alleggeriscono il tono dell’immagine…Nella mia immagine mentale però ha i piedini sporchi di erba perché si è divertita tutto il pomeriggio nel giardino ed ora torna a casa.
La bambina allegra poi si può trasformare (forse coi troppi assaggi) in una giovane adulta che si conquista la sua libertà ed indipendenza. E nella conquista si concede un po’ di sobrietà ma anche di leggiadria per soprasedere alle piccolezze fastidiose della quotidianità…Io bevo per quella bambina spigliata e per quella giovane conquistatrice.

Poi con l’Asti ho un legame particolare. Nonostante la mia famiglia sia sobria ora, tempo fa si concedeva qualcosa. Per il mio quinto compleanno, è storia questa, mi fecero bere dell’Asti e incominciai a parlare, parlare, parlare. Ora quando telefono a casa dopo le degustazioni mi ricordano sempre quella giornata. Nella mia mente di quel giorno ho ricordi confusi, ma molto piacevoli. Mi ricordo seduta per terra in sala da pranzo, col vestito buono (perché allora esistevano ancora), vicino al carrello con sopra una meravigliosa millefoglie di panna e fragole. Asti e fragole sono i miei due emblemi della felicità assoluta. Che giornata….il sedersi per terra come simbolo di felicità, lo lego anche ad una delle ultime immagine di mio nonno sano. Avevo 16 anni, lui era seduto in giardino. Io andai da lui, mi misi seduta vicino a lui sull’erba. E lui disse: “Sei una persona che sa essere felice. Si vede che ti piace stare seduta per terra. Questo è un segno di felicità”. Devo proprio fermarmi qua. Nonostante il tempo, l’affetto per il nonno Mario (nome all’anagrafe)- Fausto (nomi che credeva il suo fino al servizio militare) – Bepi (nomi che detti da piccola associandolo al Giuseppe di un dipinto in camera sua) è ancora vivo.

Beviamoci su un po’ di La Selvatica.