Birra

La birra che Vale la Pena

Quando la birra è un’occasione per non buttare via niente, neanche una seconda chance, allora quella birra è Vale la Pena.

Quanto è bello scrivere questo post dove i doppi sensi si sprecheranno, in pieno spirito di Vale la Pena. Ogni parola è libera di avere un doppio significato, una sorta di seconda possibilità di dire la sua.

Prima ci fu Semi di libertà, una classica associazione no profit, che nel 2012 avviò un progetto di inclusione nella, cosidetta, società civile, dei detenuti nel carcere di Rebibbia. Fin qui nulla di strano, se non tutto cominciò a finire in bottiglia e a chiamarsi Birra Vale la Pena. Nel tempo ci finirono di mezzo anche l’Istituto agrario “Sereni” di Roma e l’esperienza di qualche birrificio fuori le mura, come Birra del Borgo, Turan, Stavio etc.

Con lo scopo di far scontare la pena ed evitando le recidive fuori le mura, non si sono tenute a bada né la fantasia, né le etichette. Tanto più che per l’etichettatura ed il packaging i carcerati non vengono lasciati soli. Sono affiancati dai ragazzi autistici della onlus L’emozione non ha voce.

Da qui in poi posso passare a ciò che ho bevuto con mano…libera. Infatti, tra intoppi burocratici e buone scuse, Vale la Pena comincia a farsi largo. La mia scusa fu una serata alla Stazione di Posta alla Città dell’Altra Economia di Testaccio. Lì mi hanno versato….

Bread che Vale la Pena

Birra al pane, non birra come il pane. Anche le preposizioni contano e vale la pena usarle bene.

Avevo letto della Toast Ale nata per ridurre gli sprechi in fatto di pane. Ma si sa, oltre la Manica sono sempre pionieri. Eppure solo qualche settimana fa mi sono persa la presentazione di RecuperAle all’Hotel Rome Cavalieri, che è, come dire, il fornitore ufficiale di pane di questa Ale nostrana. E mai mi sarei aspettata di ritrovarmela sul tavolo così rapidamente.

RecuperAle Bread recupera pane, persone e buone intenzioni, grazie anche al crowfunding su cui ha potuto contare. Ed alla fine è così. Prova a dirle di no.

Il carciofo: nella birra?

Non di solo pane vive il detenuto e l’uomo comune. Ad ogni stagione vorrebbero intraprendere nuove strade. Così d’estate può succedere che ti servano della birra all’ibisco e….Giuro, credevo di aver sentito male, ma avevano ragione loro. Esiste e si beve bene la birra al carciofo.
Attendo reazione da fuori lo schermo 🙂

Il mio responso è più che positivo, perché è una birra che esce dai luoghi comuni, invade territori inusuali e si fa largo con una bella originalità. Sì, ripeto, sa di carciofo.

Se vuoi discutere anche della Sèntite Libbero, dove primeggia la cicoria liberamente raccolta, beh, urge un assaggio comune.

Vale la pena: poeti ed altri storie

Ogni etichetta racconta una sua storia sintetizzata in un’impronta: questo è il simbolo sulle bottiglie.

Ogni storia è raccontata da un nome, in codice come accade con Amarafemmena o er Fine Pena. Mentre rende subito l’idea A Gatta Buia, che trova la luce, con l’effetto della sua bassa fermentazione, nel bicchiere.

Per i più sensibili, ci scappano i volti dal vivo, sul profilo Instagram, Facebook e qualche fuori onda.

Grazie anche ed ancora a Giampiero che ha capito che dopo una RecuperAle un po’ di carciofo e dell’ibisco li avremmo graditi.