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La cucina giapponese tra Japan Restaurant Week e washoku

Scoprire la cucina giapponese tra Japan Restaurant Week, washoku e parole come gohyakumangoku. Perché il Giappone non è tutto un sushi.

Dico cucina giapponese e …C’è chi urla wasabi e kren one love. Ma c’è pure chi non si intimorisce e difende ad oltranza la cucina italiana. Non possono neppure mancare gli infatuati dell’umani. Ed io vorrei del sake. Però molti rimangono coloro che non hanno mai assaggiato la carne wagyu e non solo per il prezzo.
Nel mezzo di questa diatriba si inserisce la Japan Restaurant Week promossa dal Ministero dell’Agricoltura, delle Foreste e della Pesca del Giappone (MAFF), con la collaborazione dell’Unione Centrale delle Cooperative Agricole, sempre, del Giappone. Perché non cogliere quest’occasione per scoprire la cucina giapponese al meglio?

Japan Restaurant Week 2016

Stappiamo del MIO, sake con le bollicine, e partiamo dalla Japan Restaurant Week 2016.
Dal 17 al 23 giugno 16 ristoranti tra Roma, Firenze e Milano aggiungeranno un piatto speciale al loro menu. Tale piatto renderà protagonista almeno un ingrediente tipico della cucina giapponese, in particolare quest’anno l’attenzione è concentrata sulla carne di wagyu. Ma non saranno dimenticati neppure il latte di soia, il sake o il honkaku shochu.

La Japan Restaurant Week è stata presentata il 16 giugno a Roma. L’ambasciatore del Giappone nella sua residenza ha accolto il rinfresco di apertura dell’evento. Lì ho avuto la possibilità di assaggiare le interpretazioni della cucina giapponese di Luca Fantin, executive chef di “Bulgari Il Ristorante Luca Fantin” di Tokyo e Osaka, Kotaro Noda del ristorante di Roma “Bistrot 64”, Kazuo Takaghi del ristorante di Kyoto “Takaghi”, e Masatoshi Matsuda, chef dell’Ambasciatore del Giappone.

cucina giapponese_Arancino di Riso

Quel rinfresco nella memoria si riassume nell’incredibile raffinatezza dell’arancino di riso Koshihikari al cacio e pepe e nella sorprendente interpretazione, sempre di Kotaro Noda, della zuppa di wagyu alla vaccinara. Non da meno, Luca Fantin trova posto nei ricordi con l’originale croccante di riso con tartare di wagyu, tuorlo cotto e limone giapponese e le polpette di wagyu e pomodoro piccante. Molto più tradizionali, ma non meno apprezzate, sono state le verdure estive in gelatina con crema di sesamo e misodi Masatoshi Matsuda. Infine, Kazuo Takagi ha esaltato la carne giapponese nel dashi-chazuke con manzo wagyu e verdure italiane e Bubu Arare, aromatizzata con wasabi e basilico.

Prima di lasciarti ai link con maggiori informazioni sulla Japan Restaurant Week…

Parole di cucina giapponese

Ripeti con me: gohyakumangoku.
Ce la puoi fare. Ce la posso fare. Mimì Ayuhara ci aiuterà 🙂
Da qui comincio, quasi, a pensare a voce alta. Qui cerco risposte all’annosa domanda: come capirci qualcosa tra wagyu, koshihikari e Bubu Arare?

Non ho le forze per intraprendere, per ora, un viaggio tra le diverse tipologie di riso che vengono coltivate in Giapponese, sebbene tra questi rientri il koshihikari, da molti etichettato come riso per il sushi. Bisognerebbe, in realtà, distinguere i risi per l’alimentazione da quelli destinati alla fermentazione per la produzione di sake e birra. Tra i risi alimentari quelli maggiormente prodotti sono il “nostro” koshihikari, lo hinohikari e lo hitomebore. Mentre un riso per sake è il gohyakumangoku orgoglio della prefettura di Niigata (nooo, la cartina geografica no. I 2,4 milioni di abitanti di Niigata ce l’avranno con noi, sappiamolo).

Sfrutta, invece, la Japan Restaurant Week per avvicinarti a quel gioiello alimentare che è la carne di wagyu. Wa(giapponese)-gyu(bestiame) è il termine utilizzato per una speciale razza bovina selezionata geneticamente al fine di ottenere della carni di qualità elevata. La carne di wagyu pare marmorizzata per il modo in cui al rosso delle polpa si alternano le venature bianche del grasso. L’obiettivo è ottenere una carne che si tagli con le bacchette. E l’ossessione che comunemente addebitiamo ai giapponesi si traduce in una cura meticolosa e principesca dei bovini. Nel mezzo di queste attenzioni può accadere che, per combattere il caldo estivo, venga loro “servita” della birra. Ciò dimostra che le attenzioni sono personalizzate, da cui ogni fattoria segue in media 34 capi di bestiame.

cucina giapponese_roma

Potrei intrattenerti a lungo parlando di sake, honkaku shochu e awamori.
In tutti e tre i casi si tratta di bevande alcoliche. Il sake è una bevanda fermentata, mentre il honkaku shochu e l’awamori sono distillati. Nel mezzo, poi, si inserisce il mirim.
Del sake sospetto che tu abbia già sentito parlare. Sul masu ed il sake avevo scritto qualche anno fa, prima di immergermi una degustazione (non guidata) di sake. Qui aggiungo solo che il sake si lega al honkaku shochu e all’awamori tramite il koji.
Le spore koji-kin hanno gli enzimi giusti per convertire l’amido presente nel riso in zucchero. Sono loro, quindi, che consentono la fermentazione che porta al primo brodo moromi e da qui al moromi secondario necessario per la distillazione. Spesso il koji viene descritto, anche, come un fungo filamentoso, ossia una muffa. Viene utilizzato, inoltre, per far fermentare i fagioli di soia. E se cambia il tipologia di koji (nero, bianco o giallo) il sapore ne risente.
Però, il honkaku shochu non è di solo riso (kome). Si ottiene anche dal mugi (orzo) e dalle patete dolci (imo). Diventa awamori quando tra gli ingredienti entra in gioco il riso ed il grano indaca, nonchè il koji nero Okinawan. Ed ecco che il tipo di koji fa sì che l’awamori sia conosciuto anche come il distillato di Okinawa.

Non mi addentro nel mondo dei funghi shiitake o delle fragole di Sendai (la cui produzione è stata messa in pericolo dallo tsunami del 2011), ma mi concedo un Bubu Arare, una sorta di craker di riso giapponese piccolo e tondo. Lo usa pure Kazuo Takagi 🙂

Washoku o dieta mediterranea?

Uno scontro tra patrimoni alimentari. Sì, l’UNESCO ha riconosciuto sia il washoku che la dieta mediterranea come patrimonio dell’umanità.
Se la mamma e la nonna hanno fatto il loro dovere, dovresti sapere cos’è la dieta mediterranea. Ma quanto ne sai del washoku?

Washoku e yoshoku si incontrano nella Japan Restaurant Week, come si è visto anche al rinfresco di apertura. Ossia il cibo giapponese incontra il cibo occidentale a tavola passando per le mani di grandi chef.

Il washoku è la cucina, o dieta, giapponese a cui si lega una sorta di filosofia culinaria. La traduzione letterale di washoku è “armonia del cibo”. Elizabeth Andoh, nel suo libro Washoku, individua 5 principi del washoku. I primi tre mirano ad un’alimentazione nutrizionalmente ed esteticamente parlando ben bilanciata, gli altri due si legano invece agli aspetti sensuali e spirituali del cibo. Infatti, il washoku si basa su:

  • cinque colori (go shiki). Ogni piatto dovrebbe contenere elementi di colore rosso, giallo, verde, nero e bianco;
  • cinque sapori (go mi) al fine di raggiungere l’ambai (l’armonia del gusto) tra salato, aspro, amaro, dolce e piccante;
  • cinque metodi di cottura (go ho) in modo da contenere l’uso di zucchero, sale od olio;
  • cinque sensi (go kan). Dal gusto alla vista, passando per i suoni, l’odore ed il tatto, un piatto deve coinvolgerci completamente;
  • cinque principi (go kan mon) quali, semplificando, il rispetto degli sforzi fatti da chi ha cucinato e l’atteggiamento con cui ci presentiamo a tavola.

Mi pare proprio che la cultura alimentare giapponese non sia così scontata e vado oltre il solito sushi.
Lascio ai più scettici la possibilità, ovviamente, di commentare.
Anticipo solo chi dirà che “da noi il cibo segue le stagioni“. Lo anticipo con il kisetsukan
(letteralmente: apprezzamento della stagionalità).

Letture sulla Japan Restaurant Week

Molti blogger e siti hanno scritto della Japan Restaurant Week tra cui:

Ringraziamenti

Ringrazio Kazuyoshi Umemoto, Ambasciatore del Giappone in Italia, per l’accoglienza nella sua residenza. Ringrazio l’Ambasciata del Giappone per l’invito. Non da ultimo va un grazie a Laurenzi Consulting per il supporto e per aver reso disponibili le immagini della serata.