Libri, Torte

Devil food cake

Devil food cake o Angel food cake?
Ossia vogliamo stare a sentire il diavoletto che è in noi o abbandonarci alla delicatezza angelica?
In parole più spicciole: cacao or not cacao?

Io ho deciso, quest’anno voglio essere dolcemente cattiva.
Sarà che in casa sento ancora la magia di Chocolat, del libro bada bene. Joanne Harris ha veramente stravolto le mie abitudini da lettrice. Da mesi oramai mi ha convertito (anche) alla letteratura piacevole, quella che ti rimette in sensto con la sottile magia della vita di ogni giorno. Ed è quell’ogni giorno l’ingrediente che abbonda qui.
Così dopo la torta alla vaniglia perfetta non ho resistito al richiamo del cioccolato e ho ancora seguita Bea’s of Bloosmbury in cucina. E neppure a Angel di Baking Cakes in Kigali  di Gaile Parkin. Prima però di questo una fetta di torta per tutti: me, te ed Angel.

La torta mi ha convinto non da subito, come fu per Chocolat e la storia di Angel.

Devil Food Cake: ma cosa avrà di speciale? C’è il cacao, il burro, lo zucchero: le solite cose. Sarà una torta come molte.

Slap!
Ahia, fa male.
Ecco, Rossella impara ancora a non sentirti superiore per partito preso. Impara, mangia e non sputa.
Ho imparato ancora una volta questo. Una piacevole schiaffo.
La Devil Food Cake ha di piacevole la consistenza. Celestiale nonostante il nome. Oltre il concetto di morbido. Persino banale il termine impalpabile. In mano ci sta benissimo e migliora man mano che la mano, appunto, si avvicina alla bocca.
E  poi è piacere, il devil side, in bocca.
Fresca anche dopo qualche giorno, mai secca. Diabolica anche in questo.
Torni a casa, la guardi, scarichi il nervoso non tra un morso e l’altro, ma tra una fetta e l’altra. Per alcuni giorni infatti ho venduto la mia anima a questa torta. Nel mentre sfogliavo la storia di Angel in Rwanda.

Provarla non nuoce, la Devil Food Cake.
Non è immediata da farsi. Un po’ di tempra richiede. Ciò non vuol dire che sia complicata. Questo mai, il diavolo è furbo 🙂

Che fetta vuoi della Devil Food Cake?

Devil Food Cake

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120 grammi di cacao (non zuccherato) in polvere
250 grammi acqua calda
125 grammi yogurt (ammetto che avevo ancora una volta del kefir, mentre Bea concede pure il latte)
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
125 grammi di burro morbido
275 grammi di zucchero di canna, meglio se muscovado
165 grammi zucchero semolato
125 grammi olio extra vergine d’oliva
4 uova medie
130 grammi farina di farro
150 grammi farina tipo 0
1  + 1/2 cucchiaino di bicarbonato di sodio

Preriscaldare il forno a 170°C.

Mescolare in una ciotola il cacao in polvere con l’acqua calda. Quando i due ingredienti si sono amalgamati, e solo allora, aggiungere lo yogurt (o kefir o latte) e l’estratto di vaniglia. Mescolare ancora e lasciare da parte. Ammetto che già qui il Devil ha cominciato a tentarmi.
Che ti avevo detto supponente Rossella?

Con le fruste elettriche belle pronte montare il burro morbido aggiungendo man mano lo zucchero di canna e quello semolato.
Ottenuta una crema chiara, dove lo zucchero sembra quasi scomparso, versare delicatamente l’olio extra vergine d’oliva. E qui preparati ad un’altra piccola magia.
E dicevi che era una torta come le altre”

Continuando a mescolare con le fruste aggiungere anche un uovo alla volta, senza fretta. Il tempo conta.
Allontaniamoci un attimo dal frutto del peccato, in un’altra ciotola mescolare assieme le farine col bicarbonato di sodio.
Fatto questo, versare un terzo degli ingredienti secchi sulla crema di burro e amalgamarli.
Dopo versare metà degli ingredienti liquidi, quelli dove c’era il cacao e l’acqua calda.
Amalgamiamoli pure quelli.
Versare un altro terzo della farina.
Mescolare.
Poi la metà rimanente del cacao sciolta.
Mescolare ancora.
Versare l’ultimo terzo di farina.
Amalgamare ancora una volta.

Ehi ma ci siamo. Il tavolo è sgombro.
Amalgamato il tutto va versato in una teglia a cerchio apribile dal diametro di 24 cm e dai bordi alti.
Porre in forno caldo a 170°C per ben 70-80 minuti. Almeno il mio forno richiede questi tempi. Il libro suggerisce tempi più corti, attorno ai 45 min, ma sono risultati fallaci per me.
Ovviamente fare la prova stecchetto. La torta è cotta quando lo stecchetto esce dalla torta senza quasi alcuna briciola attaccata.

Far raffreddare e decorare, per la prima volta, solo con dello zucchero a velo.

Nota bene: Serve una tortiera capiente, pazienza durante la cottura e la calma dei prodi. Nonché qualche ciotola in più.

cake devil food fetta rdb

 

Beer pairing per la Devil Food Cake

Che birra abbinare alla Devil Food Cake?
No, non sono impazzita. Questo paragrafo nasce grazie a dei generosi tweet di @BeerForThat e @herguestridge.
Loro sono stati i primi a segnalare che una Devil Food Cake potrebbe essere gustata assieme all’Amoor di @drinkmoorbeer o alla Radic Ale Coffee Stout di @Vibrant_Forest. Stiamo parlando di birre del Regno Unito.

Altri suggerimenti di beer pairing per la Devil Food Cake?

Devil Food Cake e Baking Cakes

cookthebooks

E questa fetta, quella grande, è dedicata ad Angel di Baking Cakes in Kigali  di Gaile Parkin(in italiano è stato tradotto sotto il titolo di Il profumo dello zucchero a velo).
Un libro che mi ha conquistanto pian piano, anche lui, grazie al Cook the Books Club, una bella iniziativa di blogger d’oltreoceano che invitano a leggere tutte assieme un libro e a dedicargli una ricetta.
Baking Cakes in Kigali é ambientato in quell’Africa che non conoscevo, come molta della vera Africa. Niente Karen Blixen a rendere europee le emozioni. Solo Angel una donna che del cake design fa una professione durante la sua terza età. Angel è infatti una nonna che accudisce i suoi nipoti orfani di genitori morti per l’AIDS. Tra le righe scorrono gli scontri e le paure di un continente, ma Angel sa che “il passato non è  un posto sicuro da visitare“. Questa donna, che vive tutto con grazia e calma, affronta la vita tutta a testa alta e non altezzosa. La stessa Angel si fa forza ricordandosi che il dolore è tanto, però ci sono molte cose da fare, non c’è tempo di abbandonarsi ad esso.
Questa torta è per lei, perché la decori e se la goda con uno dei suoi tè e non con uno di quei tè inglesi che poco le dicono perché sono cose che solo una Mzungu come me osa offrire. So che accetterrà perché entrambe sappiamo che “quando qualcuno è infelice, il tè è come un abbraccio materno”.