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Cheese Angels #3 : Conciato di San Vittore e oltre

Le Cheese Angels non si fermano di fronte a niente. Dopo essersi presentate, aver parlato del Cormòns di Fossa, oggi cerchiamo di tessere un legame a suon di formaggio tra il Lazio ed il Friuli Venezia Giulia.

Prima di passare alla terza puntata di questo singolare viaggio, da oggi puoi scaricare la Cheese Angels Collection, ossia tutti i post delle Cheese Angels in un colpo solo. Così potrai leggerti con calma le loro scoperte in fatto di formaggi. Si sa, l’estate è lungo, pigra, a volte annoia e a  volte entusiasma. Per esserti più vicino oggi puoi scaricare la Cheese Angels Collection a tua scelta nei formati:

  

 

 

Ma torniamo a noi. Questo trio di ragazze si è formato anche perché la sottoscritta, Rossella, lesse che Elena aveva scovato una caciotta aromatizzata alle rose lassù a Nord Est. Il caso ha poi voluto che mi ritrovassi di fronte ad un formaggio laziale veramente speciale.

Il nome è quasi criptico: Conciato di San Vittore.
La prima volta che lessi al nome pensai subito ad un carcere, tal San Vittore di Milano. Poi però il primo morso a quella bontà (oops è solo un parere personale, non farti influenzare 🙂 )mi ha portato a scoprire cosa c’era dietro.
Prima di tutto ho arricchito il mio linguaggio scoprendo la parola “conciato”. Il formaggio è  “conciato”, appunto, ossia come avviene con le stoffe. Qui la concia è fatta a suon di ben 15 spezie. Ginepro, lauro, timo serpillo, finocchio selvatico, coriandolo, salvia, pepe nero e bianco, basilico, rosmarino, anice: tutte raccolte sui Monti Aurunci. Ricordarsele tutte mi sa che è difficile, ancor più di ricordarsi il nome dei sette re di Roma. Però se lo assaggerai scommetto che potrai scovare l’aroma di più di una di queste spezie, non tanto alla vista, quanto al gusto. L’ultima volta che l’ho ri-addentato ecco che ho colto un forte sentore di salvia e subito dopo di ginepro, mentre in sottofondo c’era il pepe. Insomma, è un formaggio dalle forti emozioni gustative.
Talmente forti e ricche che ne consiglio il consumo solitario. Mieli e confetture possono avvicinarsi. Leggo anche che vini bianchi con bollicine possono tenergli testa. Ma il tuo primo boccone, mi raccomando, dallo solo a lui. Ha un caratterino che merita di essere colto da solo. Io al più azzarderei un risotto al Conciato. Un risotto semplice, cipollotto salsato in padella, riso tostato con un vino bianco aromatico, poi cottura con brodo leggero di verdure e gli ultimi minuti del Conciato. Si mescola velocemente e si serve.  Niente eccessi e niente distrazioni, solo Conciato di San Vittore. Se però vuoi una ricetta più ricercata, c’è qualcuno che ha affiancato il Conciato persino ai Blecs friulani.

Se poi i commensali ti chiedono dov’è San Vittore, puoi dire che è un comune della provincia di Frosinone, come Picinisco altro luogo dove questo formaggio viene prodotto. Alla ribalta, però, questo formaggio è arrivato grazie a Vincenzo Mancino della bottega D.O.L (Di Origine Laziale) . Vincenzo lo prese dalle mani di Teodoro Vadalà, che stava per rinunciare alla sua attività casearia.

Per la storia lascio la parola a Lucia Galasso. Mentre dopo, ecco Elena, che ci parla delle caciotte con erbe aromatiche del Friuli. Intanto, io incrocio le dita, perché voglio scoprire della sua caciotta alle rose..chissà se ne parlerà.

Intanto, a te la parola Lucia.

 

Eccomi qua.
Mi viene un po’ da sorridere scrivendo del Conciato di San Vittore. Quanto Rossella ci ha proposto di scrivere di questo formaggio ciociaro (la provincia di Frosinone è conosciuta come Ciocaria a partire del ventennio fascista) non sapevo ancora che la Ciociaria sarebbe divenuto il mio pane quotidiano di antropologa. Da poco più di un mese sono infatti diventata la direttrice del museo della Civiltà contadina e dell’Ulivo di Pastena, piccolo paese del frusinate. Quindi scoprire che a San Vittore del Lazio è custodita questa squisitezza mi fa amare ancora di più questa terra di cui il mio museo è ambasciatore e che vado scoprendo giorno dopo giorno.

Il conciato di san Vittore è fratello poi di un altro famoso conciato: il conciato romano, non è un caso che geograficamente i due siano molto vicini sul confine tra Lazio e Campania; il settore meridionale della provincia di Frosinone e il settore settentrionale della provincia di Caserta, terra di transumanza fin dai periodo dei Sanniti. La conciatura quindi è un retaggio storico della zona, utilizzato dai popoli italici fin dall’antichità per conservare a lungo il formaggio. Questo mi permette di aprire una piccola parentesi sull’importanza delle tecniche di conservazione degli alimenti.

La lavorazione del formaggio, tramite la tecnica delle conciatura, è una delle tante soluzione che l’uomo ha trovato per ovviare al problema della conservazione degli alimenti. Poter consumare i cibi oltre quello che era il loro naturale sviluppo è sempre stato un obiettivo primario. Non è un caso, infatti, che molte specialità considerate parti integranti della nostra tradizione gastronomica come formaggi, insaccati e conserve, ma anche prodotti essiccati, affumicati, salati, sono nate come sistemi per prolungare la conservazione dei rispettivi alimenti di origine (latte, carne, pesce, frutta, verdura). Per questi prodotti “trattati” si creano appositi ambienti con condizioni di temperatura, umidità e ventilazione che ne consentono la migliore conservazione e un immagazzinamento in quantità superiori al fabbisogno della comunità, da sfruttare per la commercializzazione o per garantire le scorte alimentari nei periodi difficili (inverno e carestie). In definitiva si tratta delle tecnologie alimentari in vigore fino a quando non fanno la comparsa, su scala industriale, la sterilizzazione e la catena del freddo.

Il conciato di San Vittore fa risalire la sua origine alle antiche popolazioni italiche stanziate della zona in cui oggi si produce (caratterizzata dalle vie di transumanza delle greggi): Ausoni, Aurunci, Volsci e Sanniti. E’ un formaggio di latte ovino di cui già ne decantavano le lodi Cicerone e Marziale, e non è un caso: fino al tardo Medioevo il latte consumato era quello di pecora, considerato il latte per eccellenza (i bovini erano utilizzati quasi esclusivamente per aiutare l’uomo nei lavori faticosi). La preparazione del conciato, oltre alle particolarità descritte da Rossella, è caratterizzata anche per l’impiego di attrezzature tipiche del sud del Lazio, quali la frasca rompi cagliata, le fuscelle di vimini (che consentono di aromatizzare il formaggio a seconda del tipo di legno utilizzato) e gli assi di legno per l’affinamento durante il periodo della stagionatura. Insomma il conciato di san Vittore ha il pregio di avere una tradizione veramente molto antica che ancora oggi, nonostante una produzione molto limitata, non ha perso i suoi estimatori sia per il suo gusto particolare che per la sua storia che ci collega al primo assaggio idealmente ai sapori delle antiche genti italiche.

E ora la parola ad Elena Roppa.

Conciato, conciato…mmmm vediamo, ah si, la prima cosa che viene in mente se mi dite “conciato” è la polenta concia, che in Friuli Venezia Giulia è il Toc’ in braide con polenta! La polenta è tradizione friulana che si perde nella notte dei tempi e la ricetta che la abbina al formaggio ci arriva dalla Carnia e dall’abitudine di gustare il prelibato piatto dopo i faticosi lavori nei campi. Ricotta affumicata, Montasio, Formadi Frant o caprino, la scelta è vasta tra i formaggi che vanno a conciare la polenta!

A parte l’associazione mentale che ci riporta nel lembo italiano a Nord Est, mi sa che non è stagione di polenta. Ma allora in estate con cosa possiamo deliziarci?! Ah si, le caciotte aromatizzate sono perfette, soprattutto se le abbiniamo ad un buon calice di vino bianco come il Friulano.

Rossella si ricorda bene di quando ero andata alla scoperta di un piccolo caseificio a Borgnano di Cormons, Borg da Ocjs, e lì avevo trovato una meravigliosa caciotta aromatizzata ai petali di rosa. Era il periodo in cui tutti noi sospiravamo insieme a lei in attesa del grande giorno, il suo bellissimo matrimonio, e tutto si era colorato di romanticismo più del solito. Ebbene, sono ritornata proprio l’altro giorno nell’agriturismo, dove hanno un delizioso punto vendita con casetta in legno stile baita, e mi sono letteralmente innamorata della caciotta aromatizzata ai fiori di sambuco!

Caciotta al sambuco fotografata da Elena Roppa.

I fiori di sambuco vengono colti nei mesi che vanno da maggio a luglio e vengono essiccati ed utilizzati per molte preparazioni alimentari.

Nel caso del formaggio, per il quale qui si utilizza solo latte di pezzata rossa friulana, la concia avviene nel momento in cui la caciotta “va in amore”, cioè quando produce naturalmente un siero che la predispone all’accoglimento degli aromi con i quali sarà trattata, così che possano “attaccarsi” senza l’aggiunta di nessun altro ingrediente esterno al processo di lavorazione della caciotta stessa, a parte chiaramente i fiori di sambuco!

La caciotta stagiona così una ventina di giorni e poi è pronta per il consumo. Grazie a questo processo naturale di aromatizzazione, della caciotta non si butta via niente: assolutamente da mangiare anche la crosta esterna!

Altre piante e fiori che sono utilizzati per queste lavorazioni sono il timo, la menta piperita, la malva, la calendula, la salvia, il rosmarino e il basilico.

Trovo che queste caciotte aromatizzate siano proprio perfette per una cena estiva: fresche, leggere e dolci!

A presto dalle Cheese Angels!