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Discutendo si impara

Non c’è niente di meglio delle discussioni per scoprire i propri pensieri.

Essendo in un food-blog la discussione non può che essere sul cibo o meglio la cucina.Il mio iter mentale è partito stamattina dal Gambero Rosso dove ho scoperto una discussione di Andrea  sul concetto di cucina.

Ne Il mio concetto di cucina si parla in libertà su cosa è la cucina per un cuoco che ha deciso anche di aprire due blog, quindi di mettersi sullo stesso livello (apparentemente) di una come me. Andrea accosta l’armonia della danza al piacere del cucinare nonché interpreta in maniera quasi anarchica la libertà dello sperimentare in cucina. Della serie, ci sono i maestri, guru, guide, ma ogni cuoco-cuoca è solo di fronte al cibo ed il suo estro (del cuoco e forse anche del cibo) nel momento critico del creare qualcosa con cui sfamarsi deve esprimersi, secondo Andrea, senza inibizioni.  Leggendo questo ho sentito la necessità di commentare sul suo blog, esprimendo appoggio a quando diceva e mettendoci del mio.

Poi ho continuato a lavorare e in altro momento di pausa ho scoperto un altro post di Andrea, che stuzzica per le opinioni altrui espresse contro i food-blogger. Ne Dio ci salvi dai detentori di un’unica verità !!! vengono riportati i commenti di chef quali Fulvio Pierangeli sul ruolo dei blogger. Secondo lui, cito da Andrea: “..I blog stanno al giornalismo come la pedofilia all’amore..”. Il post merita attenta e completa lettura. Fate attenzione anche alla citazione di chiusura, arguta e ben combinata col nostro interesse culinario. Anche dopo aver letto questo post non ho resistito: ho scritto un commento.

Ma commentare evidentemente non mi è bastato. Come resistere alla tentazione di scrivere parole su parole sul perché cucino e sul perché bloggo (se mai esiste un verbo del genere…ma suona bene, ha del buffo in sè). Già nella pagina Chi sono spiego perché ho iniziato un blog. La voglia di farsi “noticchiare”  c’è, sebbene non è la fame dei famosi 15 minuti di fama di Andy Warhol. Forse ha in sé un po’ della voglia di sentirsi dire Brava dalla maestra. Ma chi ha un blog non si limita al suo orticello. Come chiunque abbia una passione cerca ispirazione intorno, io faccio del mio meglio per non nascondere la paternità o maternità dei piatti che faccio. Cercare ispirazione può voler dire a volte copiare le ricette, ma non nascondere i nomi degli autori delle ricette. E’ anche vero che non dovendo scrivere un articolo scientifico non faccio un’accurata ricerca bibliografica.

Ho un blog perché ho una passione. Lavoro, cucino e scrivo un blog. Col blog non mi sento un giornalista. Cucino e non mi sento un chef. Sono sì curiosa di come si fanno certi tipi di cottura, certi piatti, ma cerco di non fare il passo più grande della gamba. Imparo a cucinare, ma, lo ammetto, non credo che la cucina da chef sia moralmente superiore alla cucina casalinga. Ammetto che non sempre la cucina casalinga sia ottima, forse non tutte le mamme sono grandi cuoche ma…Ma tutti noi cresciamo coi cibi di casa. Nella mia famiglia la nonna non è una grande cuoca, anzi. Ricordo ancora i suoi panettoni-mattoni, però li ricordo con piacere pur ammettendo che erano cattivi. Ricordo anche con piacere i budini carichi di cacao che faceva e anche l’insalata ricca di olio e pepe. Ma come tutti i ricordi d’infanzia sono belli. Mia madre ha una vena nascosta da cuoca, vuoi perché suo padre ha fatto il cuoco, ma vuoi anche perché si circonda da anni di riviste di cucina e poi se decide di fare una ricetta la personalizza…soprassediamo se poi si lamenta se non viene uguale. Io ho incominciato da questo e ne vanno fiera. Non ho mai mangiato al ristorante un piatto che mi ha fatto degradare la bontà equilibrata delle uova strapazzate e dell’insalata ricca fatta da mia madre. Solo lei riesce a farle così speciali, io ho sempre fallito. Ho mangiato cose buone ai ristorante, ma la cucina casalinga ha il pregio ed i difetti di essere la base di partenza e di arrivo. Uno chef è meglio di me, ma in un rapporto costo-qualità-mezzi a disposizione chi vince?  

Ma poi dobbiamo proprio competere? 
Chi ha un blog compete con un giornalista o con uno chef?
I blogger distruggono l’arte della cucina?  

Come ho accennato nel commento fatto ad Andrea, anche coi foodblog si pone il problema del ruolo da attribuire a quello che gente/cuochi comuni pensa, fa, propone. Non credevo che scrivere un blog nel tempo perso, anche con tutta la passione di questo mondo, potesse ledere gli interessi e l’amor proprio di chi ha fatto del cibo il suo lavoro. Suvvia, io sto solo cercando di imparare a cucinare abbinando, in un certo modo, i piatti ai miei gusti innati o appresi. Non mi imbarco in imprese più grandi di me, mica sono Don Chisciotte !

Però è utile fermarsi un attimo a ripensare alle origini, al perché siamo in un blog e al perché siamo in cucina. La cosa più importante rimane il piacere ancestrale di avere le mani letteralmente in pasta. Il piacere di sporcarsi le mani, di plasmare pani e dolci, di usare un mestolo di legno, di percepire la consistenza della pasta, di capire che stavolta è venuta meglio del solito, l’esuberanza di scoprirsi più bravi e coraggiosi di un mese o un anno, lo stupore nel realizzare che ora si sanno fare piatti nuovi, l’iniziale iper-criticità verso i propri nuovi piatti seguita pian piano dalla sorpresa dei sapori che nascondono…